Niccolò III Orsini: i tanti sepolcri del condottiero.

1) NICCOLÒ ORSINI III
Fu Capitano Generale dell’Esercito Veneziano, morì per malattia a Lonigo (VI) nel 1510, durante la guerra di Venezia contro gli eserciti della Lega di Cambrai.
Grande fu il cordoglio del Senato della Repubblica quando giunse la notizia della morte del condottiero che, per 15 anni consecutivi, prima aveva contribuito alla espansione territoriale della Serenissima, poi alla sua salvezza, quando già le truppe nemiche scorazzavano per la terraferma mestrina e si erano portate sulla riva della laguna.
Alla notizia della morte dell’Orsini, pur essendo la Repubblica impegnata nella grande guerra, per conto del Senato furono organizzate delle solenni onoranze funebri a Padova e a Venezia. La tumulazione delle mortali spoglie del condottiero risultò però piuttosto problematica, sia perché in vita Niccolò possedeva in alcuni dei suoi feudi delle tombe di famiglia e aveva anche provveduto a costruire dei monumentali sepolcri personali, sia perché la Repubblica voleva onorare il fedele condottiero con una degna sepoltura in terra veneta.
Trascorse un po’di tempo prima di trovare una soluzione definitiva alla questione: alla fine, prevalse il volere dei familiari e non quello manifestato in vita dall’interessato, neppure quello del Senato della Repubblica.
In questo breve articolo raccontiamo sinteticamente la storia della vita e della morte di Niccolò Orsini, storia che per un certo periodo fu anche della Repubblica di Venezia.

2) CONTE e CAPITANO DI VENTURA.
Niccolò della famiglia Orsini nacque a Pitigliano (GR) nel 1442; sin da ragazzo seguì l’esempio del padre, noto ‘capitano di ventura’, e ad appena 15 anni militò nell’esercito pontificio contro la ribelle Viterbo. Combatté poi agli ordini di Jacopo Piccinino (a quell’epoca il più famoso capitano di ventura italiano) nella guerra di successione al Regno di Napoli; nel 1466, al termine di tale guerra, ritornò a Pitigliano per risolvere alcune “questioni di famiglia”. Nel paese natìo – dopo aver ucciso il fratellastro e la zia concubina del padre, che fece esiliare – fu proclamato dal popolo Conte di Pitigliano e di Sovana.
Negli anni successivi, quale Capitano di Ventura, prestò servizio presso vari Principi italiani.
Nel 1478 fu assoldato da Lorenzo dei Medici nella guerra promossa da Firenze contro Napoli e Papa Sisto IV; in questa occasione ebbe modo di distinguersi particolarmente nella battaglia di Campomorto.
Nel 1481 da re Ferdinando I d’Aragona gli fu concesso, almeno nominalmente, il titolo di conte di Nola (1), contea che in un periodo precedente era appartenuta ad un altro ramo della famiglia Orsini, ma successivamente incamerata dal Demanio del Regno di Napoli.
L’anno seguente, nel 1482, passò al servizio del Papa: combatté a Velletri e nell’anno successivo partecipò alla guerra contro Venezia e difese la città Ferrara.
Nel 1485 tornò a combattere per Lorenzo dei Medici e contribuì alla conciliazione tra Papa Innocenzo VIII e Ferdinando I d’Aragona.
Negli anni seguenti fu Capitano Generale dell’esercito pontificio e nel 1494, tentò, senza successo, d’opporsi alle truppe di Carlo VIII; in questa guerra fu fatto prigioniero dai francesi, però riuscì a liberarsi ritornando a combattere per il Papa svolgendo un ruolo decisivo nella battaglia di Fornovo. Nel corso di tale guerra ebbe l’assegnazione definitiva della contea di Nola. (2)
Nel 1495 entrò al servizio della Repubblica di Venezia, prima come comandante in seconda, poi come Capitano Generale dell’esercito di terra; occupando Cremona, la Ghiara d’Adda, Faenza, contribuì notevolmente all’affermarsi della politica espansionistica della Serenissima che, ai primi del cinquecento, era divenuta la maggiore potenza militare d’Italia ed era intenzionata ad unificare, sotto il suo dominio, gran parte del territorio nazionale.
3) CONTE e SIGNORE FEUDATARIO.
Nel corso della sua vita Niccolò Orsini accumulò un’immensa ricchezza; era titolare di alcune Contee e di molti feudi ottenuti o per diritto ereditario, o come compenso per l’opera militare prestata al servizio delle varie Signorie.
Nel 1466 assunse il titolo di Conte di Pitigliano e Sovana (le città ‘tufacee’) e divenne Signore di alcuni feudi in Toscana, beni già appartenenti alla sua famiglia.
Da vari Pontefici, dai Medici di Firenze e dai re Aragonesi di Napoli fu ricompensato, per la sua attività di Capitano di Ventura, con la nomina di Conte di Fiano Romano (1482), di Conte di Nola (1481-1494) e di Signore di molti feudi sparsi in Italia centrale e meridionale (1480-1495).
Nel 1498 e negli anni seguenti la Repubblica di Venezia gli concesse il feudo di Ghedi con Leno, Castelletto, Malpaga e Montirone (alcune località già appartenute al Colleoni).
a) Pitigliano e Fiano Romano per molti anni furono le sue residenze preferite:
– Pitigliano (3): giovandosi anche dell’opera dell’architetto Giuliano Sangallo, promosse la ristrutturazione delle difese cittadine, la costruzione del Palazzo Orsini, la parziale ricostruzione della co-cattedrale, l’esecuzione di altre minori opere civili; nella cattedrale di San Pietro si trovava la tomba di famiglia. Al centro della piazza principale fece erigere un monumento dedicato alla “Ursinea Progenie”, una stele di travertino sormontata dal un orso araldico(4), emblema della casata Orsini, decorata con stemmi scolpiti e da una lapide con una scritta in latino esaltante le gesta eroiche della famiglia.
– Fiano Romano (5): su progetto di Giuliano Sangallo fece edificare, tra il 1489 e il 1493 il Castello Ducale; in tale edificio ebbe modo di ospitare nel 1493 Papa Alessandro IV Borgia e altri notevoli personaggi, come il giovanissimo cardinale di Valenza (Cesare Borgia) e il cardinale Piccolomini (futuro Papa Pio III) e cinque vescovi (6).
Sempre in questa città fece costruire un monumentale sepolcro funebre destinato ad accogliere il suo corpo dopo la morte; il sarcofago in marmo si può ancora oggi osservare nella chiesa principale del paese.
b) La contea di Nola (7).
– Non si hanno invece notizie precise circa i suoi soggiorni a Nola dove esiste tuttora un grande palazzo, detto Reggia Orsini, costruito con i marmi asportati dall’anfiteatro romano della città. Il palazzo precedentemente era stato la residenza di Orso Orsini, appartenente ad un altro ramo della famiglia, a cui però il re di Napoli – ancor prima del 1480 – aveva revocato la contea e tutti i diritti feudali. Dopo il 1494 vi andò certamente ad abitare la prima moglie che, proprio in questa città, morì nel 1504; in quel periodo Niccolò gravemente malato si trovava a Ghedi. La notizia è riportata da Giuseppe Bruscalupi che, nella sua “Monografia storica della Contea di Pitigliano”,(8) così scrive: «… il 27 Giugno di questo medesimo anno [1504] morì in Nola la sua consorte Elena. Grandissimo – dicesi – fu il dolore dell’Orsini per questa perdita: e per dimostrare il suo amore alla estinta le fece fare suntuosi funerali, e in un ricco sepolcro la volle tumulata nel chiostro del convento di S. Francesco di Assisi in Nola, al quale convento fece pure cospicua donazione, come si rivela dall’epigrafe posta sul sepolcro medesimo».(9) Ancora oggi nella chiesa (attualmente intitolata a San Biagio euna volta convento francescano) vi è un sarcofago con scolpito sui lati lo stemma di Niccolò Orsini.
Nel 1509, quando scoppiò la guerra della Lega di Cambrai, la contea gli fu revocata dal re di Napoli.
c) Il feudo di Ghedi (10).
Nel 1500 decise di stabilire la propria residenza a Ghedi (Brescia) dove si fece costruire un signorile e lussuoso palazzo, il cosiddetto Palazzo Orsini.
Nella chiesa di Santa Maria delle Grazie del convento dei francescani osservanti fece erigere per lui un altro monumento funerario, opera raffinata in marmo pregiato, ornata da bassorilievi e con iscrizioni latine in suo onore: aveva certamente deciso di finire i suoi giorni in questa località dove vivevano la sua seconda moglie e i figli illegittimi, e dove soggiornava quando non era impegnato in guerra.
Il monumento funebre, la chiesa e il convento andarono un po’ alla volta distrutti: attualmente resta solo il sarcofago conservato al museo cristiano di Brescia.

4) LA GUERRA DELLA LEGA DI CAMBRAI (11) E LA DIFESA DI PADOVA
Il 14 maggio 1509 le truppe degli Stati che avevano aderito alla Lega contro Venezia, comandate da Luigi XII re di Francia, sconfissero le truppe veneziane ad Agnadello. Di fronte alla sconfitta e all’impossibilità di fronteggiare le truppe alleate, la Repubblica decise l’evacuazione dei suoi Domini di Terraferma per concentrarsi a difendere le venete lagune.
In poche settimane molte città (Bergamo, Brescia, Cremona, Crema, Ferrara, Faenza, Cervia, Rimini, Ravenna, Padova, Verona, Vicenza, ecc.) si arresero alle forze nemiche che giunsero fino ai margini della laguna e a Mestre, dove si era asserragliato Niccolò Orsini. Il 17 luglio di quell’anno iniziò però la controffensiva di Venezia con la riconquista di Padova e del castello di Legnago.
Nel mese di agosto Padova fu assediata dalle truppe imperiali; Orsini, che dirigeva la difesa della città, il 1 ottobre mise in fuga il nemico tedesco. La riconoscenza della Repubblica così è descritta da Giuseppe Bruscalupi: «Così terminò il famoso assedio di Padova, che, secondo l’opinione di tutti gli storici, fu una delle più grandi imprese del secolo decimosesto e la gloria più bella del nome dell’Orsini, alla cui perizia militare Venezia dovette la propria salvezza. E’ più facile immaginare che descrivere la gioia dei Veneziani all’annunzio della ritirata di Massimiliano, e gli onori tributati all’Orsini dalla riconoscenza di quel popolo, di cui aveva rivendicata la gloria, la potenza, ed assicurata la stessa libertà. Fu nominata dal Senato una commissione che si portasse in Padova ad inchinare e render grazie al valorosissimo capitano, ed il presidente di questa, nel recitare un discorso in lode dell’Orsini alla presenza di tutto l’esercito e del popolo di Padova, lo salutò col nome di secondo Fabio. Dopo di ciò l’Orsini si partì da Padova, e alla testa de’ suoi prodi, incontrato dal Doge e dai Senatori entrò trionfante in Venezia, tutta pavesata a festa; risalì la celebre Scala dei Giganti, e nella sala del Consiglio restituì vittorioso il Vessillo della Repubblica»(12).
Dopo questo successo le truppe veneziane, sempre sotto il comando di Niccolo III, riconquistarono Vicenza, Bassano, Feltre, Belluno, Cividale, Monselice, Montagnana, il Polesine e altre località venete.

5) LA MORTE E LE SEPOLTURE DEL CONDOTTIERO.
Nel mese di gennaio del 1510 per motivi di salute (gotta e affaticamento) fu costretto ad interrompere l’attività militare, sostò Lonigo dove, dopo breve malattia, morì il 27 di quello stesso mese.
Il suo corpo, vestito dell’abito francescano, fu deposto temporaneamente nella locale chiesa di S.Daniele, ma pochi giorni dopo fu condotto via fiume a Padova e deposto nella chiesa di Sant’Agostino.
Da Padova poi «il suo cadavere fu trasportato con solenne pompa a Venezia [nella cappella di San Giovanni della Basilica di San Marco], dove gli furono fatte splendidissime esequie, e recitata in suo onore una bella orazione funebre»;(13) da San Marco il corpo fu traslato nella Chiesa di San Giovanni e Paolo dove, per volere del Governo della Repubblica, fu eretto un monumento destinato ad accogliere le definitivamente sue spoglie mortali. Il monumento, che si trova su una parete del transetto destro della Chiesa, è composto da una grande statua equestre in legno dorato, con ai lati due statue di marmo, e da una lapide in marmo in cui il latino fu scritto: “A Niccolò Orsini, grande per valore e fedeltà, principe celeberrimo di Nola e Pitigliano, fortunatissimo generale dei Senesi, dei Pontefici Pio II, Innocenzo, Alessandro e dei Re di Napoli Ferdinando ed Alfonso; per quindici anni operatore di cose grandi a pro della Repubblica Veneta, ed in ultimo per aver valorosamente salvata Padova dal più duro di tutti gli assedi, il Senato Veneziano questo Monumento pose. Morì a 68 anni nel 1510”.

Il monumentale sepolcro è però vuoto perché i resti mortali di Niccolò III Orsini non trovarono ancora pace: infatti i due figli legittimi, Ludoviso e Aldobrandino, oltre all’eredità si contesero anche la salma che, infine, venne deposta nel sarcofago di Fiano Romano, meno il cuore tumulato nella tomba di famiglia nella chiesa di San Pietro a Pitigliano

NOTE:
1 – Nola: Il 6 decembre 1481 nel Castel Nuovo di quella città fu sottoscritto il trattato, per il quale Re Ferdinando investì Niccolò della Contea di Nola e terre annesse. Questa concessione però fu soltanto posta ad effetto nel 1494, quando il re di Napoli ebbe bisogno di Niccolò per una guerra che fu a lui assai funesta. [Nel 1494 il re di Napoli] Alfonso, stretto dal bisogno che aveva di sì illustre condottiero, soddisfece finalmente al patto già stabilito da suo padre, cioè la investitura della Contea di Nola, come resulta dall’atto stipulato in Fiano il 5 giugno 1494. Il possesso della Contea gli revocato sempre dallo stasso re nel 1509, allo scoppio della guerra della Lega di Cambrai.
2 – Vedi nota precedente.
3 – Pitigliano: cittadina in Provincia di Grosseto di origini etrusche (necropoli), è detta con la limitrofa Sovana ‘Città Tufacea’.
4 – In araldica l’ orso simboleggia il guerriero ‘prode e fiero in battaglia’.
5 – Fiano Romano: cittadina di antiche origini in provincia di Roma, è dominata dalla mole del Castello Orsini.
6 – «Il Papa [Alessandro VI] fu così lieto di tale impresa tanto sollecitamente compiuta, [cattura da parte di Niccolò III del Cardinale di S. Pietro in Vinculis che con la forza si era opposto all’elezione a Papa del Cardinale Borgia] che per mostrare la sua soddisfazione, volle onorare il Conte di una sua visita nel Castello di Fiano e di Pitigliano. Di più venne ancora in Pitigliano». (Giuseppe Bruscalupi, “Monografia storica della Contea di Pitigliano”, opera postuma pubblicata a Firenze nel 1906).
7 – Nola: cittadina in provincia di Napoli, già importante Municipio romano.
8 – Giuseppe Bruscalupi, opera citata
9 – Giuseppe Bruscalupi, opera citata
10 – Ghedi: cittadina della Bassa Bresciana.
11 – La Lega di Cambrai: il 10 dicembre 1508 fu promossa contro la Repubblica di Venezia da Papa Giulio II che temeva il continuo espandersi della dominazione veneziana in tutta la Penisola (in Lombardia, in Emilia Romagna, nelle Puglie, ecc.). Facevano parte della Lega, oltre al Papato, Luigi XII di Francia, Massimiliano I del Sacro Romano Impero, Ferdinando II re di Napoli e di Sicilia, il Duca di Ferrara, il Duca di Savoia, Il Marchese di Mantova, il Duca di Urbino ed anche altri principi italiani. Nel Preambolo del trattato era scritto: « …… per far cessare le perdite, le ingiurie, le rapine, i danni che i Veneziani hanno arrecato non solo alla santa sede apostolica, ma al santo romano imperio, alla casa d’Austria, ai duchi di Milano, ai re di Napoli e a molti altri principi occupando e tirannicamente usurpando i loro beni, i loro possedimenti, le loro città e castella, come se cospirato avessero per il male di tutti (…). Laonde abbiamo trovato non solo utile ed onorevole, ma ancora necessario di chiamar tutti ad una giusta vendetta per ispegnere, come un incendio comune, la insaziabile cupidigia dei Veneziani e la loro sete di dominio. »
12 – Giuseppe Bruscalupi, opera citata
13 – Giuseppe Bruscalupi, opera citata

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…veri antesignani di quel medio ceto senza cervello e senza cuore che si credette poi democratico perché incapace di ubbidire validamente al pari che di comandare utilmente.

— Ippolito Nievo, Le confessioni d’un italiano

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