Il progetto di riqualificazione dell’Osellino. Alcuni spunti di storia
di Lionello Pellizzer
Lo scavo cinquecentesco dell’Osellino eseguito dall’impresa di Lorenzo Belicoco a partire da Luglio 1506. Un documento dell’Archivio di Stato, copia del pagamento dei lavori, seguiti e approvati dal Savio alle Acque Alessio de Aleardi. Pillole di storia.
In questi mesi il Consorzio Acque Risorgive sta realizzando il progetto di “scavo e riqualificazione del basso corso del Marzenego-Osellino”, atteso da oltre trent’anni e finalmente giunto alla fase operativa. Il progetto prevede lo scavo e l’asporto dei fanghi depositati sul fondo del canale, la sistemazione e rafforzamento degli argini, la realizzazione di una Varice-darsena presso il Quartiere Pertini, la piantumazione di vegetali che consentano la depurazione delle acque nonché la sistemazione ordinata dei pontili per l’accesso alle imbarcazioni.
Molte discussioni sono state generate dalla realizzazione di un nuovo manufatto alle Rotte (in prossimità del canile) che consentirà solo un transito limitato per l’uscita/entrata delle barche in Laguna. Credo e auspico che siano trovate le migliori soluzioni che tengano nella giusta considerazione le diverse esigenze che il progetto intende soddisfare (la navigabilità del canale, il contrasto al cuneo salino, la qualità delle acque, la fruibilità degli argini, la prevenzione dall’interrimento del canale delle Rotte nel Seno della Seppa e la qualità ambientale complessiva.
L’Osellino fu scavato per togliere le “torbide” del Marzenego e del Bottenigo (nome con cui si indicava l’ultimo tratto del fiume Muson) dal bacino di Venezia e trasportare quelle acque alla foce del fiume Dese, nel bacino di Torcello, Burano e Mazzorbo. Lo scavo dell’Osellino rispondeva perciò alla più larga “strategia” dei Savi ed Esecutori alle Acque, di togliere o per dirla al modo veneziano, di “divertire” al di fuori del bacino lagunare, tutti i principali fiumi sfocianti in Laguna.
L’Osellino in primo tempo fu chiamato “Cava Nuova, Brentella o Brenta Nova”. Solo molto più tardi gli fu attribuito in nome di Osellino, nomignolo con cui a Venezia erano chiamati i piccoli corsi d’acqua.
Per rispondere alla stessa strategia ossia la salvaguarda dei canali lagunari e dei canali portuali, fu realizzato un solo argine, sulla destra idraulica, proprio per impedire il travaso delle acque in Laguna. In questo modo le “escrescenze” del canale, impedite dall’argine di travasarsi in Laguna, si sarebbero sparse sulle campagne circostanti, creando o allargando in questo modo le paludi che caratterizzavano il margine della terraferma (palude di Lito Marino, di Campalton e di Paliaga etc).
Nel 1501 il Consiglio dei Dieci aveva istituito il Magistrato dei Savi alle Acque. Dopo molte discussioni e cambiamenti di opinione, nel 1505 fu deciso – fu presa parte – che la migliore soluzione fosse lo scavo di un canale a partire dal borgo di Marghera (dove oggi c’è il Forte di Marghera) lungo il bordo della Laguna fino alla foce del Dese. Nell’intenzione dei Savi le acque del Marzenego, del Dese e dello Zero, dovevano successivamente essere portate “in un sol corpo” nel letto del Sile. Ma quest’idea progettuale non fu mai realizzata.
Lo scavo dell’Osellino, come detto sopra, fu affidato all’impresa di Lorenzo Belicoco e l’incarico di seguire i lavori della “nuova cavazion” fu assegnato all’ingegnere Alessio de Aleardi, di origine bergamasca. Di nobile famiglia, Alessio de Aleardi (o Agliardi), era arrivato a Venezia nel 1488 su raccomandazione del suo concittadino e grande amico Bartolomeo Colleoni, il grande condottiero dell’esercito della Serenissima.
Come scrisse il Barone Camillo Vacani, ufficiale del Genio nel Regno Italico e scrittore militare, nel 1502 Alessio de Aleardi “fu preso agli stipendi di Venezia per la direzione suprema di si importanti operazioni”. Fra il 1488 ed il 1495, Aleardi aveva eseguito lavori in San Marco e realizzato opere idrauliche, di cui la maggiore fu la regolazione della corso del Brenta da Strà fino a Fusina e, attraverso la nuova inalveazione realizzata due decenni prima, nel 1488, chiamata “Brenta Nuova o Brenton”, da Dolo fino a Conche. Memorabile la sua disputa con un altro grande esperto delle Acque Frà Giocondo da Verona.
Riguardo all’Osellino, il documento trovato in Archivio di Sato (foto 1) riporta i pagamenti per i lavori eseguiti da Lorenzo Belicoco ed è tratto dal “Libro dell’Officio delle Acque”.
In corrispondenza delle date, c’è la descrizione del lavoro eseguito, la lunghezza in pertiche dello scavo effettuato, l’importo unitario per ogni pertica e la somma complessiva per ogni porzione eseguita.
Il primo “lotto”, datato 16 luglio 1506, riguardava lo scavo di un fosso adiacente la “Stradella che va da Mestre in Altino” (l’antica via Annia ora via Orlanda) per 221 pertiche, circa 450 metri. Fu eseguito per intercettare le acque torbide delle campagne…..“i molti scoli che venivano ad intersecarsi dal nuovo cavamento” (B. Zendrini in: Memorie storiche…Tomo I, pag. 158).
Poi a seguire il secondo lotto – 20 novembre 1506 – scavo lungo 1000 perteghe a £ (lire) 13:15 per pertega, monta £ 13750 de piccoli. Il terzo lotto in data 8 aprile 1507 per la “cavazion” di 800 perteghe sempre per 13:15 la pertega, monta £ 11286, con approvazione (laudazion) de Alessio nostro Inzegner. Poi il 30 aprile altre 907 perteghe da Paliaga fino alla palude di Dese e il 30 ottobre per la “cavazion per perteghe 88 facta al luogo della creda”. In totale lo scavo del canale costò £ 39822.
Lo scavo fu fatto sulle terre delle monache di S. Lorenzo in Cavergnago, dei frati Certosini di Tombello, dei Nobili Loredan e Priuli, dei Nobili Morosini in S. Martino di Strada e dell’abbazia di S. Cipriano, poi incorporata nel Patriarcato di Venezia. Non risulta alcuna lamentela da parte dei proprietari dei terreni attraversati si sia lamentato dei danni subiti. Era certamente considerato un sacrificio necessario per l’interesse superiore della Repubblica.