I boschi della terraferma veneziana, una volta

RICERCHE 10

I  boschi della terraferma veneziana, una volta.

Testimonianze  letterarie e cartografiche incomplete dei boschi perilagunari

A cura di Ettore Aulisio e Pino Sartori

E’ un primo tentativo di annotare le citazioni di tali testimonianze boschive per capire anche il significato recondito del grande progetto di ricostruzione ambientale del territorio mestrino sconquassato dall’urbanizzazione del XX° secolo che ha comportato grandi impatti nel contesto della terraferma, ma anche nella stessa laguna veneziana.

E’ un grande processo/progetto risarcitorio degli scompensi creati,  che non può però ignorare importanti antefatti che è doveroso recuperare alla memoria del territorio anche con la finalità scientifica e progettuale di ottimizzare le scelte degli strumenti di pianificazione in adozione in questi giorni.

Nella letteratura
«I Boschi di santa Maria, di santo Stefano, di Terzo e Tessaria erano tra Altino e Mestre, sul margine della terraferma, e compresi, un tempo, nell’Agro Altinate. Il chiarissimo Filiasi li considerava come rimasugli di una grande selva, che, all’epoca romana, sorgeva in prossimità di Altino, e nella quale soleasi celebrare con riti religiosi la memoria di Fetonte.
Da ciò interferisce, che la selva Altinate formasse un tutto colla famosa Selva Fetontea, osservando, che una continuata selva……. Potea benissimo aver coperto tutto il margine della laguna fino al Po. Riflette eziandio, che Marziale, nel epigramma XXV, libro IV, dopo avere agguagliato l’amenità delle ville di Altino a quella delle ben celebri di Baia, immediatamente soggiunge: “Et Phaetontei conscia silva rogi ».
(F.Mutinelli, sec. XIX)

«… Spesso i boschi di querce, di carpini, di larici, di abeti, di olmi, di pini, di pioppi tremuli e di tamarisci, avanzi dell’antica e vasta selva di Fetonte, rigogliosi si ergevano nei passati secoli sopra i lidi a noi circostanti, e dagli estremi che guardavano il settentrione sino agli orientali di Chioggia maestosamente coronavano le lagune e la città.
In coppia vi annidavano gli alcioni, i fagiani, le pernici, i fenicotteri, gli anghironi, i cervi, i cinghiali, i lupi, le volpi, i martori, e gli stambecchi, o capre selvatiche, animali tutti che per l’accaduto svellimento di que’ boschi si partirono poscia per sempre da questa regione».
( “Del Costume dei veneziani”, di F. Mutinelli, anno 1831)

Planimetria del XVIII°sec. di uno dei boschi prossimi al fiume Dese.

«Le rive del vertice estremo dell’Adriatico erano per gli antichi una terra meravigliosa…. Là nei boschi in cui ancora in epoca storica pascolavano mandrie di tori, gli uri, sbarcarono un tempo gli Argonauti, gli eroi della colonizzazione greca……
L’aspetto esteriore di quelle coste era naturalmente, 2000 anni fa, assai diverso… . Vaste selve – di cui le pinete di Ravenna, di Brondolo dietro a Chioggia … e quelle di Belvedere vicino a Grado non sono che ben miseri resti – nelle quali a poca distanza da Carole e Jesolo, gli antichi dogi andavano a caccia di cervi e di cinghiali, si alternavan a pascoli ubertosi, dove si lasciavano galoppare le mandrie dei famosi cavalli veneti…»
(“Venezia a Ferrara”, di J.Von. Sclhosser, 1897)

Altri boschi di Dese probabilmente appartenenti alla famiglia Querini

Nei Documenti ufficiali
«Estesi e folti erano in questi lidi e terre, nei tempi avanti il mille, i boschi, già d’allora sacri forse ai dèi silvani.
Non solamente da antiche carte si rileva che esistessero fitti e bellissimi sui lidi Caprulani, dove appunto ne residua tuttora il Tagliamento qualche traccia, e s’incontrasse presso Campalto una selva grande Torcellana che con vari rami internatasi molte miglia dentro, per i villaggi di Desio, Favro, Marcone, Gajo, Carpendedo, Zellarino; ma certo appare come nelle epoche più remote continue si seguissero le boscaglie, spezzate solo qua e là per caso o volontà degli uomini, da Aquileja scendendo in giù sino a Ravenna, dove rimase fino ad oggi, quasi avanzo o reliquia, quella pineta.
I boschi esistenti ancora nella Provincia sono per lo più d’alto fusto, con ceduo sottoposto di qualità forte. L’essenza predominante in essi è il quercile, la quale quindi è utilizzata a fare aratri, carri, barche, fusti da cannoni, travature e palafitte, mentre il ceduo s’usa per combustibile.
Si veda… … … quanto poco…….. nella Provincia oggi rimanga de’ boschi che un dì quasi interamente la coprivano, specialmente da dopo che, nel 1796, vennero tagliati quelli secolari d’annose quercie che elevansi ancora presso Campalto».
(Da “La Provincia di Venezia”, di Sormani Moretti, 1880 – Archivio Municipale di Mestre)

I boschi di Carpenedo e di Dese alla fine del XIX° secolo

I Boschi di Dese
Situazione
Ancora agli inizi dell’800 nella frazione di Dese la superficie di terreno occupata dai boschi era più estesa di quella destinata alle coltivazioni: i vasti appezzamenti di bosco, sia di proprietà di Enti ed Istituzioni pubbliche (Ca’ di Dio, Istituto degli Esposti, Regio Demanio), sia di privati, erano soggetti a regolamentazione speciale, già in vigore all’epoca della Repubblica; soprattutto dai boschi di 1^ classe – dove la vegetazione era più rigogliosa e fitta – la Marina e il Governo traevano la materia prima per le costruzioni navali, per l’installazione delle ‘bricole’ ed anche per il fabbisogno delle palafitte per il consolidamento dei terreni e degli argini (vedi paragrafo Documenti ufficiali).
Nei primi decenni del novecento non esistevano più boschi nel territorio del Quartiere di Favaro Veneto; nel 1826 la superficie boschiva (soprattutto a Dese) era di ha 459,80, ma già nel 1879 si era ridotta a  ha 248,00, per poi scomparire completamente.
Attualmente, grazie al progetto “Il Bosco di Mestre”, si sta provvedendo al rimboschimento di alcune aere: in particolare si sta sviluppando la forestazione delle aere della Fondazione Querini Stampalia che si estendo tra Favaro e Dese. (Vedi successivo paragrafo Progetto).

Rilievo di un boschetto a Dese con le indicazioni selvicolturali programmate

I Boschi nell’ottocento
Relazioni catastali
«A Dese non vi sono Boschi comunali. Vi sono dei Boschi appartenenti a Pubblici stabilimenti ed a privati sui quali il Governo esercita divieti speciali.
I boschi si dividono in tre Categorie, cioè di prima classe riservati,di seconda e terza classe non riservati. Sono tutti sorvegliati da un Ispettore forestale sotto l’immediata dipendenza della Direzione Generale del Demanio. Per li boschi riservati di Prima Classe la Regia Marina esercita il diritto sopra tutte le Piante che fossero trovate opportune alli usi della medesima provvedendo anche al bisogno delle Palafitte, od altro dell’Arsenale, senza verun pagamento al Proprietario del Bosco, ed anzi a di lui carico stà il dispendio di recidere, e di sfrondare le Piante, che vengono segnate per conto della medesima Regia Marina, lasciandola proprietario in compenso le spoglie, ossia li Rami e Tronchi inutili, il di cui prodotto serve appena a far fronte alle spese di taglio e simili.
Le Prediali poi, e tutti gli aggravj sono a carico del Proprietario del Bosco, come pure anche a lui carico è il mantenimento di una o due guardie Boschive secondo l’estensione dei Boschi.
Li Boschi di Seconda, e Terza Classe quantunque il Governo non eserciti il diritto suddette sono però soggetti a tutte le altre discipline; sicché non è lecito il taglio di Piante di qualunque specie, il Pascolo, la falciatura dell’Erbe, e simili senza il decreto permesso dall’Ispettore Forestale. Se nei detti Boschi vi fossero Piante utili agli usi della Regia Marina, e delle quali credesse valersi, è obbligata a farne il pagamento nelle forme tracciate da un’apposita tariffa.
Nelli Boschi appartenenti a Pubblici stabilimenti il Demanio esercita il diritto del decimo sopra la legna proveniente dalli Tagli».

Bosco Lungo di Dese, toponimo rimasto ancora nelle cartografie attuali

«Il bosco ceduo di Dese.
Qualità: il bosco ceduo è tutto forte. Esso è tutto in piano. E’ vicino alle strade, ed a Fiumi, e non molto distante dagli abitati.
Il prodotto del detto Bosco si trasporta col mezzo dei carri, e talvolta anche per navigazione nel vicino Dese.
Taglio: per la L. 27/5/1811 ritenuta in vigore, il taglio del Bosco Cedua si fa ogni sette anni. Il taglio si fa sempre completo di tutti li Polloni esistenti nelle ceppaie, ma si lasciano numero 25 alberi per ogni tornatura a senso di Regolamento.
Prodotto: Il Prodotto del Bosco ceduo consiste in solo fascine. In occasione del taglia da farsi ogni sette anni, per ogni campo di Treviso del suddetto Bosco Ceduo si ottengono Fascine numero 300.
Durata e manutenzione: Le ceppaie reggono quasi perennemente.
Si procura ogni attenzione perché il Bosco non abbia a deperire. Il Bosco richiede per la sua conservazione lo spurgo dei fossi, ed altre operazioni consimili, che tendino ad allontanare dal Bosco stesso le inondazioni.»
( “Atti preparatori del Catasto Austriaco del 1826 – Archivio di Stato Venezia).

Altro Bosco in territorio di Dese al confine con la Villa di Marcon

Testimonianze orali
«Dal fiume Dese, a Dese, fino a Gaggio una volta c’era un grande bosco, il “Bosco delle Spinere; c’erano tutti rovi pieni dispine, anche alberi grandi, i roveri. La Repubblica Veneta veniva a rifornirsi di legna per costruire le navi.
Alla fine dell’ettocento, quando io ero piccolo, non c’erano più boschi: le vie con i bomi Bosco Berizzi e Bosco Costa ricordano i boschi, ma questi nomi sono stati dati quando i boschi i boschi non c’erano più. Costa è un nome veneziano,era un signore venuto qui per disboscare e coltivare la terra; Berizzi invece era un proprietario che aveva comprato qui dei terreni.
Mio papà e mio nonno andavano nei boschi a prendere legna, senza chiedere nessun permesso, serviva per far caldo e far da mangiare. I rami e le piante piccole che avevamo erano per l’affittuario, però il fusto era per il padrone.
La “boscheta” era una zona dove esisteva qualche albero selvatico, ma non un vero proprio bosco. Lungo il Dese c’erano salici, alberi grandi, sparsi.
El massariol, le streghe, el mago e le fate sono personaggi fantastici dei boschi inventati dalla gente più furba che ne bosco metteva le trappole per animali; diceva che nel bosco c’e le streghe… per essere sicura che nessuno vi entrava.
I boschi sono andati distrutti per acquisire terre da coltivare. Prima li hanno distrutti e adesso li stanno rimpiantando, come attorno a Forte Cosenz.»
(Racconto di Ferruccio Conte di Dese, nato nel 1906)

Il Bosco di Carpendo in un rilievo del XVIII° sec.

I boschi esistenti nei territori di:

——————————-Favaro V. ———–Mestre—————- Marcon
Anno 1826                 ha  459,80              ha 154,40              ha  (manca)
Anno 1879                 ha  248,00              ha 140,00              ha  255,13
Anno 1995                 ha      0,00               ha      3,00             ha     0,00

Il Bosco di Mestre
Il progetto
Nel 1984 nasce nel mondo ambientalista e scientifico  l’idea di costruire una fascia forestale tampone intorno al lacerto boschivo rimasto del grande bosco storico Valdemare di Carpenedo, proprio per mettere al sicuro il grande potenziale di biodiversità lì conservato.

E in questa sede è divenuto importante anche correggere l’ingiusta  e pressapochistica ricostruzione storica della nascita dell’idea di questo progetto di restauro ambientale che ha rimosso dalla memoria collettiva quanto hanno operato le associazioni di tutela dell’ambiente della terraferma (World Wildlife Found, Italia Nostra, Legambiente, Urbanistica democratica, Lega Italiana per la protezione degli uccelli, Natura Viva, Comitato per il Parco di Carpenedo) – fra gli insulti e le maldicenze di quasi tutte le forze politiche di allora – in difesa del boschetto di Carpenedo per le modifiche del piano regolatore che prevedeva l’incompatibile costruzione del nuovo ospedale della città progettato fatalmente a ridosso del bosco..
Solo il coraggio e la coerenza intellettuale di Gaetano Zorzetto  e di pochi altri politici, e il sostegno di migliaia di cittadinini (furono raccolte oltre 3000 firme) che riconobbero non pretestuose le argomentazioni degli ambientalisti e diedero credito – in Comune di Venezia – alla prima e vera battaglia in difesa della biodiversita’ del patrimonio naturale della terraferma.

Intorno a questa idea prese forma il grande progetto di dotare di un grande bosco periurbano la città di Mestre e le adiacenti frazioni della terraferma veneziana. L’idea, a fatica, viene fatta propria dalle Istituzioni Pubbliche  che spostano il progetto del nuovo ospedale a Zelarino e incaricano l’Azienda Regionale delle Foreste a procedere ai primi interventi di tutela e rimboschimento con specie forestali autoctone certificate intorno al boschetto storico.

Farnia (Quercus robur)

Il progetto è finalizzato alla ricostruzione di parte delle foreste che originariamente ricoprivano la nostra pianura: per la sua tipologia questo di bosco è definito “Querco Carpineto”, e perciò ad essa corrisponde  una lista precisa di specie arboree ed arbustive dove la farnia (Quercus robur) e il Carpino bianco (Carpinus betulus) sono le specie indicatrici.

Carpino bianco (Carpinus betulus)

Altro scopo del progetto è anche quello di ridurre l’inquinamento della Laguna, arrestando il processo di degrado del bacino lagunare e di eliminando le cause che lo hanno provocato. Per ridurre l’inquinamento d’origine agricola era già stata indicata dalla Regione Veneto la necessità di mettere a riposo vaste aeree agricole, specialmente lungo il corso dei fiumi e dei canali di scolo delle bonifiche, e di procedere alla loro forestazione.
Il progetto di ricostituzione del Bosco di Mestre (al pari dei progetti predisposti in altri Comuni), rientra in questa opera di antinquinamento: è stata sin dall’inizio progettata la forestazione di un’ampia area di terreno, situata tra i corsi dei fiumi Dese e Marzenego-Osellino, la quale si estende dal boschetto di Carpendo fino alle foci lagunari dei due corsi d’acqua (cfr. cartina)
Nel progetto è previsto che il bosco dovrà insistere su quelle aree che, secondo le cartografie ottocentesche e i vecchi documenti catastali, risultavano ricoperte da vasti appezzamenti boschivi, in particolare a Carpendo e soprattutto a Dese. (vedi immagini sopra)

Il Bosco di Mestre nella tavola del Piano Regolatore di Venezia

La realizzazione
– La Regione Veneto ha inserito il progetto del Bosco nella sua pianificazione erogando contributi al disinquinamento della laguna; altri fondi destinati all’incentivazione della forestazione di aree agricole sono utilizzati da privati, tra cui la Fondazione Scientifica Querini Stampalia, proprietaria di vaste estensioni di terreno in particolare nella zona di Dese: qui viene boscata un’area di 20 ha.
– Nel 2001 nasce l’Associazione per il Bosco di Mestre e il Comune di Venezia attiva un apposito ufficio.
– Nel 2005, con l’entrata in vigore del nuovo Piano Regolatore Generale, sono previsti 1.200 ettari di Bosco, in parte pubblico e in parte privato. Nello stesso anno l’ufficio del Comune di Venezia viene trasformato in Istituzione per il Bosco di Mestre ed si impegna nella forestazione delle aree Querini.
– Successivamente a Campalto sono messi a disposizione 7 ha per farne un bosco aperto al pubblico.
– Nel 2007, all’inizio del mese di ottobre, è inaugurata e aperta al pubblico una parte del futuro Bosco delle aree Querini: dopo i Boschi di Carpendo e dell’Osellino, diviene realtà il Bosco Ottolenghi, edificato sui terreni Querini che si estendono tra Favaro e Dese; il Bosco è dedicato alla memoria del rabbino della comunità ebraica veneziana, ucciso ad  Auschwitz nel 1944.
– Di anno in anno, con i boschi di Carpendo, Ottolenghi, dell’Osellino e di Campalto, e ultimo quello intitolato a  Zaher Rezai, il ragazzo afgano in fuga dal proprio paese morto sotto un TIR,  l’abitato di Mestre è cinto con un bosco che sempre più sta assumendo l’aspetto esteriore tipico dei vecchi boschi planiziali, anche se in termini biologici ci vorranno parecchi anni ancora perchè si siano ricostituite tutte le componenti ecologiche (flora, fauna, suolo) necessarie perchè il bosco raggiunga la propria autonomia vitale.

Fonte: Le notizie sul bosco di Dese sono state rinvenute in “Atti preparatori al Catasto Austriaco del 1826” (Archivio di Stato Venezia).

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Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo.

— Cesare Pavese, La luna e i falò, Einaudi (1950)

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