RICERCHE
Campalto: breve storia del traghetto lagunare
di Ettore Aulisio
IL MERCATO
I Longobardi, durante il loro Regno, concessero ai mercanti Veneziani il permesso d’istituire sul margine della Laguna dei mercati a cui potevano accedere i popoli a loro soggetti per acquistare “sale nostrale, i grani ultramarini, le altre merci usuali e gli schiavi. Erano questi tratti dalla Dalmazia, dalla Grecia, dalla Romagna, dal ducato di Bari e da quello di Benevento” (F.Mutinelli)[1].
Uno di questi mercati era in funzione a Campalto.
Il beneficio fu confermato da Carlo Magno e successivamente dagli Imperatori del Sacro Germanico Impero.
Il mercato di Campalto, insieme a quello che annualmente si teneva a Pavia, fu prima dell’anno 1000 assai rinomato nell’Italia settentrionale; sotto la dominazione dei Franchi e dei Tedeschi il commercio veneziano ebbe notevole sviluppo: i mercanti Veneziani erano in grado di fornire a quelli italiani e tedeschi delle merci varie e pregiate, di cui erano in possesso grazie ai rapporti di affari che avevano con altre parti d’Italia e con l’Impero di Oriente.
“Accorgendosi adunque i Veneziani della francese debolezza diffusero tosto per il regno dei Longobardi o dei Franchi le preziose merci, gli abbigliamenti e le sontuose suppellettili che dalla molle ed effeminata Costantinopoli legislatrice in quei giorni del lusso e della moda ritiravano, recando specialmente a Pavia ove soleano tenere un annua fiera le porpore, i tappeti, i panni d oro, i veli di seta, quelli a trapunto lavorati, il bisso, le piume di pavone e di struzzolo altre piume che dicevansi di fenice, l’ avorio, 1’ebano le perle e le gemme Alla vista di tanti nuovi e maravigliosi oggetti esterrefatti imanevano i cortigiani di Carlo né sapevano resistere con grande consolazione dei Veneziani alla tentazione di acquistare non poche di quelle cose tanto singolari…”[2]
In occasione del mercato le persone e le merci giungevano da Venezia a Campalto via acqua, mentre dagli altri paesi, anche stranieri, si arrivava percorrendo i tracciati delle antiche vie Romane (via Claudia Augusta, via Annia Popilia, detta pure via Emilia Altinate).
IL TRAGHETTO
Il traghetto lagunare continuò a funzionare nei secoli successivi, quando la terraferma divenne possesso di Venezia e la località di Campalto più di una volta decadde socialmente, economicamente e quando pure l’antica Pieve Campaltina perse molta della sua importanza.
Il punto di approdo principale era il ghebo detto di San Martin, denominato nei secoli successivi anche “ghebo Morosini”[3] perché sorgeva tra le terre possedute da quella nobile famiglia veneziana.
La Repubblica di Venezia vi istituì una postazione della Dogana per controllare i traffici delle persone e delle cose da e per la città d’acqua.
Nel sec XVI, dopo la costruzione della Cava Nova, per raggiungere l’approdo del traghetto occorreva attraversare il Canale Osellino con un natante detto “Passo”; nei pressi dell’approdo del natante – situato sull’attuale via del Ghebo – vi era un’Osteria frequentata da barcaioli, contadini, lattivendole e anche forestieri detta “Al Passo”.
Fino al 1797 il traghetto fu sotto la sorveglianza della Finanza; in considerazione dell’importanza che la struttura aveva, la Repubblica di Venezia impiegava i lavoratori dell’Arsenale per i lavori di manutenzione del pontile, lungo circa m 9.
Nel 1797 il pontile fu distrutto dalle truppe Francesi; fu rifatto per conto della Guardia di Finanza Austriaca, ma venne distrutto nuovamente e incendiato dalla truppa austriaca nel 1815; una volta restaurato, il traghetto di Campalto fu l’unico a funzionare nella zona a Est di San Giuliano. .
“I.R Deputazione Comunale.
In prima evasione della riverita di cotesta autorità in data 12 corrente N° 1737 questa mattina soltanto pervenutami sul riservato argomento dell’ultima costruzione del pontile a questa passo di Campalto.
Dalle attestazioni di tutta la comune, questo ha sempre esistito ab immemorabili. Sotto il governo Veneto è stato sempre della Finanza, ricostruito pro tempore dai lavoratori dell’Arsenale.
Fu distrutto dalle truppe francesi nel ’97; fu rifatto e ristrutturato dalla Finanza Austriaca per tutta la 1^ Dominazione, lo sostenne la Finanza Italiana finché ebbe luogo; e finalmente la truppa Austriaca durante l’ultimo Blocco di Veneziano lo distrusse interamente, e lo abbruciò.
La sua lunghezza dall’argine alla discesa del Canale era di piedi 24:4 di larghezza, ed un piccolo appoggio.
Egli è stato però necessario ricostruirlo e pella frequenza delle povere vendi-latte, che sono ogni giorno a pericolo nel ascendere, e nel discendere dalle barche; oltre medesimo pericolo per ogni passaggiero, non meno che per gli stessi oggetti Finanzieri.
Ammalato lo scrivente ho l’onore di essere [……]Arciprete di Campalto”[4]
Il pontile del traghetto subì di nuovo danni durante l’assedio di Venezia negli anni 1848 – ‘49.
Nel 1857 presso le rive dell’approdo fu edificata la Caserma che ospitava una stazione della Guardia di Finanza, prima di quella Austriaca, poi di quella Italiana.
Nel 1870 per attraversare l’Osellino fu costruito un ponte di legno e fu soppresso il traghetto fluviale detto “Passo”; questo toponimo – che indicava tutta la zona in cui era in funzione il natatante- fu successivamente trasferito all’approdo lagunare delle barche, cioè alle sponde del Ghebo Morosini.
Nel 1884 fu abbattuto il ponte di legno, sostituito da un ponte in ferro.
Nel 1893 fu predisposto un pontile per accedere di Vaporetto per Venezia; il servizio, soppresso dopo pochi anni, fu riattivato nel 1903 ed era utilizzato, oltre che dalle lattivendole e dai contadini, anche dai primi lavoratori pendolari per Venezia. Nei giorni festivi trasportava da Venezia a Campalto gruppi di vacanzieri.
Nei pressi del ghebo fu costruita una trattoria che prese il nome di Trattoria del Passo,
LA REGOLAMENTAZIONE
A causa degli sconvolgimenti politici e amministrativi verificatesi con il passaggio dalla Dominazione Francese (Regno Italico) a quella Austriaca (Regno del Lombardo Veneto), al traghetto di Campalto non fu applicato il Regolamento dei traghetti del Comune di Mestre, emanato nel !813 ed applicato ai traghetti di Mestre e Fusina.
Nel 1853 l’Ufficio dell’Incaricato Politico dei traghetti di Mestre considerò un pubblico servizio quello svolto dal traghetto di Campalto, anche se gestito da imprenditori privati; in quella occasione furono stabilite delle norme che il gestore doveva rispettare:
a) Il gestore doveva essere iscritto nel Ruolo dei naviganti insieme alle altre persone abilitate al servizio di navigazione;
b) Gli iscritti al Ruolo avrebbero dovuto possedere una regolare patente e dovevano dichiararsi disponibili a svolgere il servizio in ogni ora e con qualsiasi tempo;
c) La barche utilizzate per il servizio di traghetto dovevano assoggettarsi a speciale verifica per accertarne la solidità e la decenza; le barche dovevano essere contraddistinte con un numero progressivo e dalle iniziali T.C. (Traghetto di Campalto);
d) Doveva essere rispettato un tariffario per il trasporto delle persone e delle merci.
Nel 1854 il diritto di gestire il traghetto fu assegnato a Giovanni Raganello, furono abilitate quattro barche condotte dai barcaioli Angelo Chinellato, Giuseppe Pivato, Angelo Caon e Pasquale Darisi, oltre che dallo stesso Raganello.
Nel 1889, essendo aumentata l’utenza del traghetto, il Comune di Favaro concesse nuove licenze di navigazione e provvide ad emanare un proprio Regolamento. Fu nominato anche un Incaricato Municipale dei traghetti al quale competeva “stabilire il turno di servizio fra i barcaioli, con diritto di escludere quelli che per qualsiasi motivo potessero compromettere la regolarità del servizio”, impedendo “in caso di bufera la partenza delle barche addette al pubblico servizio ed in qualunque tempo di quelle cariche oltre il limite segnato dalla linea massima di immersione”. L’Incaricato del traghetto doveva regolare “il carico delle persone, degli animali, materiali, ecc. ad un limite inferiore alla linea segnata, quando l’inclemenza del tempo, la dubbia solidità del natante od altre cause lo consigliassero. In questo caso l’esuberanza del carico verrà ceduta a quella barca cui il proprietario o il barcaiolo, al quale era stato affidato il trasporto, crederà di preferire, sia o no compresa fra quelli di turno”; il funzionario municipale doveva inoltre denunciare al Municipio “quei barcaioli che per causa di infermità, anticipata decrepitezza od abituale intemperanza nel bere non esercitino il mestiere con sufficiente garanzia per la sicurezza personale propria o dei passeggeri che trasportano”.[5]
[1] Mutinelli, “Del Commercio dei Veneziani”, VE 1835
[2] Idem
[3] Nel tempo varie furono le denominazioni del ghebo: ai primi del novecento era spesso indicato col toponimo “Sacca Campalto”
[4] Archivio Municipale Favaro.
[5] Idem
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C’è un’aria, un’aria, ma un’aria | che manca l’aria.