RICERCHE 19
VENEZIA, CITTA’ DALL’ANTICA TRADIZIONE CERAMICA
di Francesca Saccardo*
Il Medioevo
Venezia fu centro di produzione ceramica non solo fecondo ma anche precoce. Il più antico vasellame con decorazione e rivestimento si data infatti alla prima metà del XIII secolo.
La nascita dell’arte è probabilmente legata al trasferimento di maestranze bizantine a Venezia, che importarono la tecnica della ceramica ingobbiata e graffita, all’epoca della Quarta Crociata (1204) e della nascita dell’Impero latino d’Oriente. Nell’anno 1301 i ceramisti erano ormai così numerosi da doversi riunire in corporazione, come ci documenta l’istituzione del Capitolare dell’Arte degli Scutelarii.
Gli ornati sulle ceramiche medievali (dal XIII agli inizi del XV secolo) sono di tipo geometrico-vegetale o zoomorfo: semplici spirali oppure stelle, raggiere, losanghe, palmette, melagrane e, infine, volatili molto stilizzati.
Le stoviglie veneziane erano anche esportate: sono comuni nei rinvenimenti dell’Emilia-Romagna e del Friuli, ma vi sono testimonianze anche nella lontana Grecia e nei siti crociati, dove i bacini erano utilizzati per decorazione architettonica, murati sulle facciate di edifici religiosi.
Il Rinascimento
La “stagione d’oro” della ceramica veneziana corrisponde ad un periodo di circa un centinaio d’anni, dalla metà del Quattrocento alla metà del Cinquecento, quando matura nella graffita uno stile raffinato e complesso, dove la figura umana diventa il soggetto principale. Su piatti, scodelle e boccali compaiono dame e cavalieri, paggi e menestrelli, angeli e Virtù, ispirati ai modelli pittorici diffusi dalle incisioni.
Tipico è il genere amatorio, i “gameli” o doni di fidanzamento e di nozze con il ritratto della persona amata, talvolta con scritte inneggianti all’amore e alla bellezza, oppure con animali simbolici e benauguranti (il coniglio allude alla fertilità, il cane alla fedeltà, il cervo alla nobiltà di stirpe, il cerbiatto alla mansuetudine). Questi ritratti sono dei «tipi» generici piuttosto ripetitivi, spesso copiati da un medesimo cartone, comunque raffigurazioni di grande interesse per le informazioni che ci offrono sull’abbigliamento e le pettinature dell’epoca.
Graffita a stecca e a fondo ribassato
Intorno alla fine del XV secolo – inizi del XVI e soprattutto dopo la metà dello stesso secolo si diffonde a Venezia la tecnica della graffita a stecca e a fondo ribassato, che consiste nell’incidere il disegno con una punta larga anziché sottile, lasciando emergere il colore scuro del corpo ceramico, con piacevole effetto di contrasto.
Caratteristiche della produzione veneziana e molto varie sono le tipologie prodotte con questa tecnica: i soggetti raffigurati entro architetture di stile palladiano e i ritratti con iscrizione entro cartiglio: “belle donne” e ritratti caricaturali, cherubini e sultani turchi, levrieri e conigli; frutta e preziosi vasi sbalzati.
Curiosi i piatti di varia forma e dimensione decorati a scritte dialettali di pietanze, interessanti per la varietà gastronomica che documentano; erano probabilmente esposti a scopo pubblicitario presso le hostarie o forse distribuiti ai clienti analogamente ai nostri “piatti del buon ricordo”.
Nel genere a paesi l’ambiente è di tipo collinare, con particolari di gusto rovinistico, ispirati a incisioni raffiguranti ruderi romani, che sappiamo ben diffuse nel Veneto nella seconda metà del XVI secolo.
Maiolica
All’alba del XVI, grazie probabilmente all’influenza faentina e al trasferimento di maestranze, rinasce a Venezia una produzione maiolicata, dopo una lunga interruzione durata all’incirca un secolo.
Le più diffuse sono le maioliche con smalto azzurro berettino, con decori a fiori e frutta in vivace policromia, oppure a foglie di vite e a paesi in monocromia.
La tipologia candiana o con decoro “alla turchesca”, databile al XVII, ha racemi vegetali dipinti a vivaci colori, ad imitazione delle pregevoli ceramiche importate a Venezia da Iznik (Anatolia) nella seconda metà del XVI secolo.
Decadenza ed estinzione dell’arte
Nella seconda metà del XVII secolo e per tutto il successivo la produzione fittile veneziana attraversa un periodo di grave crisi, dalla quale non riesce a riaversi. La produzione si fa più abbondante ma più scadente, sia nella forma che nella decorazione.
Sullo scorcio del Settecento due soli ceramisti sono ancora operanti a Venezia; pochi anni dopo la caduta della Serenissima Repubblica, anche l’Arte dei Bochaleri viene definitivamente soppressa.
Ceramiche d’importazione
Nella laguna sono state rinvenute anche alcune tipologie d’importazione di notevole interesse, perché molto rare nei ritrovamenti delle nostre regioni nord-orientali: frammenti di ceramiche graffite bizantine e protomaioliche dalla Puglia e dal Meridione d’Italia (dei secoli XII-XIV), che influenzano la produzione locale; variopinte stoviglie dal Magreb, dall’Egitto e dalla Siria.
Nel XIV-XV secolo giungono dalla Spagna in grande quantità maioliche con un bel decoro in blu e lustro dai bagliori metallici, oggetti assai pregiati e graditi ai veneziani, tanto da costituire l’unica eccezione alle rigide leggi protezionistiche della Serenissima.
Cipriano Piccolpasso
Le varie fasi di lavorazione della ceramica sono ben illustrate ne “Li tre libri dell’arte del vasaio” del Cavalier Cipriano Piccolpasso, noto ceramista di Casteldurante (ora Urbania) che in questo trattato scritto a Venezia intorno alla metà del ‘500 svela per la prima volta i segreti dell’arte, fino ad allora gelosamente trasmessi di padre in figlio. Le numerose incisioni riproducono l’interno di una bottega di epoca rinascimentale, la forma del tornio, del forno, degli attrezzi per modellare l’argilla e per infornare i pezzi, nonché i disegni ornamentali caratteristici delle varie tipologie dei principali centri di produzione.
Doni d’amore
Nel Rinascimento si diffuse a Venezia la moda delle raffinate ceramiche del “genere amatorio”: scodelle, piatti, coppe e boccali, che le coppie si scambiavano in occasione della festa di fidanzamento o delle nozze. Questi doni d’amore, detti anche gamelii, pare fossero usati anche per distribuire confetti agli invitati. Su queste stoviglie erano dipinti ritratti di dame con elaborate acconciature e ricche vesti, spesso accompagnati da un cartiglio con un motto d’amore o una lode alle virtù estetiche e morali della “bella”. Sulle ceramiche potevano essere raffigurati anche eleganti paggi o gentiluomini, più raramente la coppia, di profilo .
Ai lati del ritratto erano dipinti due arbusti, in genere uno secco e uno fronzuto, simboli di Giovinezza e Vecchiaia oppure di Virtù e Vizio o, secondo alcuni studiosi, dei biblici alberi del Paradiso Terrestre. Lo sfondo è decorato con linee puntinate tracciate a rotella e con rosette di buonaugurio; in basso è dipinto uno steccato di vimini intrecciati, che delimita l’ hortus conclusus, giardino simbolico adibito all’amore e ai passatempi cortesi, motivo comune nelle miniature della Bibbia di Borso d’Este e nella ceramica graffita ferrarese, documentata anche tra i reperti dalla laguna. Fa parte del genere amatorio anche la raffigurazione di animali che alludono a virtù o doti coniugali: il cane è simbolo di fedeltà; il cervo, di nobiltà; il cerbiatto, di mansuetudine; l’unicorno, di purezza; il coniglio, di fertilità .
La Galleria Franchetti alla Ca’ d’Oro
La Sezione Ceramiche della Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’d’Oro, prestigioso palazzo veneziano, conserva una ricca testimonianza delle ceramiche veneziane e d’importazione sia del periodo più antico, che ha importanza soprattutto storica, sia dell’epoca rinascimentale, quando la produzione diventa particolarmente raffinata e godibile anche dal punto di vista estetico.
Nella Sala VIII si trovano materiali più antichi, databili dal XII secolo alla prima metà del XV, provenienti per la maggior parte da rinvenimenti occasionali o da sterri nel centro storico e nelle isole oggi abbandonate della laguna (Ammiana, Costanziaca, San Leonardo in Fossa Mala, San Giacomo in Paludo). Nella Sala IX sono collocate ceramiche di epoca compresa tra la metà del XV e il XVIII secolo, in gran parte pertinenti alla collezione “Luigi Conton”, raccolta negli anni tra le due guerre dal pioniere della ricerca e dello studio di questi materiali.
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* Curatrice della Sezione Ceramiche della Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro
(pubblicato in “Dalla Creta alla Ceramica”, Terra Antica – 2007)
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Dica ognuno quel che vuole: la meglio stufa è sempre il sole.